"Adunque voi che con animo gentile siete amatori di questa virtù, all'arte venite con amore, timore, ubbidienza e perseveranza" Cennino Cennini
lunedì 30 novembre 2020
Gli inventori del blu e del verde
martedì 24 novembre 2020
La calce, il segreto che dura 2000 anni
Ci siamo mai chiesti perchè edifici costruiti nell'antica Roma sono ancora in piedi, alcuni incredibilmente intatti con gli intonaci di finitura? La loro perfetta conservazione non è dovuta all'interramento nei secoli o alle colate laviche che li hanno inglobati, penso a Pompei. Ci sono infatti innumerevoli esempi rimasti all'aperto come i lunghi acquedotti ancora visibili a tratti nelle campagne laziali o i mastodontici monumenti inseriti nella moderna urbanizzazione delle città, il Colosseo primo tra tutti. Se quest'ultimo non avesse subito lo spoglio nel Rinascimento di gran parte della struttura , sarebbe ancora lì, perfettamente integro nella sua armatura interna fatta di mattoni e calcestruzzo, rivestita di travertino bianco.
Veniamo ora alle nostre case, agli edifici in cui lavoriamo e viviamo, ebbene tra 2000 anni saranno inesorabilmente scomparsi. Questo perchè durante le epoche moderne, e parlo del XIX° secolo, l'uomo ha deciso di utilizzare nuove tecniche edilizie e soprattutto nuovi materiali. L'onnipresente cemento armato che, per quanto l'opulente parola ce lo mostri come qualcosa di incorruttibile e potente, non riesce infatti a durare per più di 90 anni.
I ponteggi addobbano le facciate dei palazzi delle nostre città quotidianamente, a turno, intorno ad uno per passare poi ad un altro. Il cemento ha necessità di manutenzione continua, nonostante la sua capacità di creare grandi superfici orizzontali e verticali, pensiamo ai grattacieli. Ma gli edifici antichi ci battono sul tempo, oltre che in bellezza e non riusciamo oggi ad eguagliarli proprio perchè si usavano malte ed intonaci a base di calce.
Spesso confusa dai non addetti ai lavori con la stessa malta, in realtà è una sua componente, quella più importante. Materiale di origine naturale, scoperta già nella civiltà cretese per la realizzazione dei primi intonaci affrescati, diventa l'ingrediente essenziale di tutta l'architettura fino al 1800 circa, quando nell'era industriale viene sostituita dal cemento.
Cerchiamo di comprendere la sua preparazione: la semplice trasformazione della roccia calcarea, presente un pò ovunque, che allo stato minerale si definisce calcite, veniva bruciata in grandi forni in cui le altissime temperature la disintegravano per ridurla in calce viva, altamente nociva. Con il suo immediato trasferimento in vasche piene d'acqua diventava calce spenta, una pasta morbida e bianca che i muratori di oggi non utilizzano più e a malapena conoscono. La calce spenta o idrata si mescola a componenti inerti come sabbia di fiume o polvere di marmo, creando un impasto cremoso che permette di costruire muri o intonacare superifici che dureranno secoli.La calce idrata inserita nella malta, da impasto morbido e facilmente lavorabile, si inizia a seccare una volta messa in opera. L'acqua evapora e l'anidride carbonica presente nell'aria rigenera il processo naturale della carbonatazione, cioè torna come quando era in natura. La calce mescolata ai granelli di sabbia torna ad essere calcite, pietra. Le superfici ed i muri realizzati così consentono quindi una durevolezza del tutto naturale, permettendo tra l'altro anche una normale traspirazione, generando ambienti sani e privi di muffe. Oggi in Puglia sono in essere alcuni progetti di edilizia a calce con ottimi risultati, l'inversione di rotta per fortuna inizia da qualche parte.
A conclusione ricordo sempre il mio professore di Storia Medievale che entrando in aula la prima volta iniziò la sua lezione dicendoci che la storia non insegna...e lo sappiamo. Ecco perchè nelle nostre attività didattiche e nelle visite guidate ci soffermiamo sempre su questi aspetti, facendo anche utilizzare materiali di un tempo come la calce così da far rivivere la storia, nei laboratori di affresco e mosaico ad esempio, attraverso le mani di tutti.
Cecilia Marzi
giovedì 12 novembre 2020
Lapislazzuli, il colore del cielo
Qual è il colore più amato, agognato e sognato di tutti i tempi?
Ovviamente il blu oltremare!
Il suo nome esotico ha origini medievali: la parola lapis infatti deriva dal latino e significa “pietra” mentre la parola Làzulum rappresenta un adattamento della parola araba lāzuward che indica il colore azzurro.
I primissimi estimatori di questo colore di origine minerale furono sumeri, egizi e babilonesi che ci raccontano attraverso manufatti e costruzioni come questo colore fosse già noto seimila anni fa.
Esattamente ieri come oggi la varietà in assoluto più pregiata di lapislazzuli si trova in Afganistan, in particolare a nord-est, nella provincia del Badakhshan.
Meno pregiate, ma solo per composizione, sono le varietà provenienti dal Cile, dal Tibet, dall’Iran e dalla Cina. Possiamo citare inoltre anche l’Italia: studi recenti infatti hanno rinvenuto piccole quantità di questo minerale in stato terroso nei proietti provenienti dal Vesuvio e dai Colli Albani.
Giotto, Antonello da Messina, Michelangelo sono solo alcuni dei grandi maestri che hanno celebrato ed esaltato con le loro opere questa particolare varietà d’azzurro che veniva detto “oltremare” per la sua provenienza dall’altra parte del Mediterraneo.
Attenzione quindi a non definirlo come un semplice blu, perché potrebbe offendersi!
Sarebbe più opportuno quindi chiamarlo azzurro, ovvero il colore tipico del cielo quando è limpido e sereno: è infatti proprio per questo motivo che il lapislazzuli viene prevalentemente impiegato sia in scultura che in pittura per rappresentare temi di natura spirituale e religiosa.
Giovannina Annarumma
Il riciclo creativo di Anna
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