sabato 26 dicembre 2020

La storia del Presepe

 


Carissimi, Buon Natale! Ci auguriamo che nonostante le avversità riusciate tutti a trascorrere queste giornate in tranquillità e serenità.

In casa Cupiello in questi giorni riecheggerebbe la celebre domanda “Te piace 'o Presepe?” così chiedo anche a voi…Vi piace il Presepe? In quanti di voi si dilettano a crearlo? Preferite l’essenzialità o adorate raccontare storie con i vari personaggi? Alzi la mano chi si diverte a creare paesaggi con muschio, farina effetto neve e ruscelli fantasiosi! Sarebbe bello chiacchierare insieme e scambiarsi consigli e suggerimenti in merito.

 

Il termine “Presepe” deriva dalla parola latina Praesepe (da prae/saepire, ‘cingere con siepi’), ed indica un recinto per animali chiuso con siepi, e, in senso traslato, la mangiatoia. Per raccontare la storia del Presepe infatti bisogna partire proprio dal culto dei sanctuaria della Natività e da una basilica romana: Santa Maria Maggiore in Roma è detta appunto ad Praesepe in quanto ha iniziato a custodire, presumibilmente già dal VII secolo, memorie della nascita di Cristo, ovvero i resti della sacra culla (cunabulum Domini) e i frammenti della Grotta di Betlemme (de praesepio Domini).

Oggi queste reliquie sono conservate in un prezioso reliquiario a forma di culla collocato al di sotto dell’altare della basilica mentre in origine erano custodite in una cappellina in muratura (circa 2,50 x 3,85 metri) annessa al muro settentrionale esterno. Un piccolo edificio che tuttavia rappresentava un vero tesoro devozionale per la basilica e che la munificenza pontificia non esitava a valorizzare e preservare.

Un evento che segna la svolta per il culto del presepe è sicuramente rappresentato dalla rievocazione della Natività a Greccio (Rieti) ad opera di San Francesco d’Assisi nella notte di Natale del 1223. A questa sacra rappresentazione infatti sembra avesse assistito anche il futuro papa Niccolò IV (1288-1292), primo pontefice francescano, il quale una volta giunto a Roma decise di restaurare la basilica di Santa Maria Maggiore e di ricreare in scultura la magia del Presepe vivente di Greccio.

La “ristrutturazione” dell’antica cappellina del Presepe venne affidata intorno al 1291 ad Arnolfo di Cambio, artista senese nato a Colle Val d’Elsa che oggi possiamo simpaticamente considerare come il primo mastro presepaio della storia. Arnolfo infatti scolpì diversi personaggi in pietra rappresentando in una unica scena la Nascita di Cristo e l’Adorazione dei Magi.

Oggi di questa cappella non restano che pochi frammenti e alcune sculture: il paliotto dell’altare, la ruota porfiretica del pavimento, le figure di San Giuseppe, i tre Magi, il bue e l’asino e due profeti con cartiglio.

La figura di San Giuseppe, ricordato dai vangeli di Luca e di Matteo, è rappresentato da Arnolfo come un uomo anziano e barbuto, vestito di tunica e mantello, che si appoggia pensieroso al suo bastone: cogliamo così la sua umana delicatezza e fragilità nell’accettare di diventare il padre del figlio di Dio.

La presenza del bue e dell’asino, completamente taciuta dai vangeli canonici, viene menzionata nel vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo: <<Tre giorni dopo la nascita del Signore, Maria uscì dalla grotta e, entrata in una stalla, depose il Bambino nella mangiatoia; e il bue e l’asino lo adorarono. Si compì allora quello che era stato annunciato per bocca del profeta Isaia: <<il bue ha riconosciuto il suo padrone e l’asino la greppia del suo Signore>>. E i due animali, avendolo in mezzo a loro, non smettevano di adorarlo. In questo modo si compì quello che era stato annunciato per bocca del profeta Abacuc, quando proclamò: <<Ti farai riconoscere in mezzo ai due animali>>.

I Magi, ovvero dei sacerdoti di origine persiana, sono ricordati dal Vangelo di Matteo. Nel suo racconto però l’evangelista non aggiunge alcun dettaglio: nomi, numero, regalità ed altri particolari sono infatti tramandati dalla tradizione apocrifa, e fu probabilmente il numero dei doni a suggerire quello dei personaggi offerenti. In conformità a tale tradizione, i Magi di Arnolfo sono appunto tre, di cui due in piedi, defilati rispetto alla scena principale, ed uno, il più anziano, inginocchiato davanti al Bambino, rappresentando così idealmente sia il momento della loro venuta dall’Oriente sia quello dell’adorazione.

Il presepe di Arnolfo presenta inoltre due pennacchi con all’interno profeti Davide e Isaia che, attraverso i versetti biblici alludono e in un certo senso presentano il sacro evento.

Incuriosisce l’assenza degli originali arnolfiani della Vergine e del Bambino purtroppo perduti: le sculture di Maria seduta con il Bambino che osserviamo oggi risalgono infatti al XVI secolo. Proprio questa assenza incuriosisce da anni gli studiosi che hanno avanzato nel corso del tempo numerose e variegate ipotesi ricostruttive circa l’assetto originario del gruppo scultoreo.

Dopo i lavori del francescano Niccolò IV c’è stato un altro papa che ha voluto restaurare la nostra cappellina del presepe… e come vedremo ha pensato davvero in grande! Durante il pontificato di Sisto V (1585-1590), la basilica di Santa Maria Maggiore subì una nuova e prestigiosa campagna di lavori e l’antico oratorio venne “traslato” nella nuova cappella del SS. Sacramento o Sistina. L’artefice di tali lavori fu l’architetto Domenico Fontana, il quale descrisse e illustrò le varie fasi di questa ‘trasportatione’ in un volume di incisioni edito a Roma nel 1590 dal titolo “Della trasportazione dell’obelisco vaticano e delle due fabbriche di N. S. Papa Sisto V”.

L’ambizioso progetto di Sisto V fu tutt’altro che una scelta casuale: in un avviso emanato il 15 luglio 1587 metteva in luce come già durante i lavori fosse manifesta la volontà del pontefice di ricreare in Roma la disposizione della basilica della Natività a Betlemme. Il parallelismo tra i due luoghi era effettivamente plausibile: la collocazione del Presepe al di sotto del pavimento della cappella sistina (una costruzione a pianta centrale all’interno della chiesa dedicata alla Vergine) in un certo senso replicava la situazione di Betlemme, dove la Grotta si trovava al di sotto della chiesa della Natività, una struttura ottagonale dedicata anch’essa a Maria.

Oggi infine possiamo ammirare il presepe di Arnolfo all’interno del museo della basilica esquilina, qui collocato in seguito al suo recente restauro. Personalmente sono molto affezionata a quest’opera soprattutto perché ho avuto il piacere di fare uno stage anni fa a Santa Maria Maggiore e apprezzare da vicino questo piccolo capolavoro. Ricordo con tanta emozione il momento i cui visitatori e pellegrini lo ammiravano emozionati e incuriositi condividendo con noi emozioni e sensazioni.

Per ora vi saluto, vi auguro una buona giornata e vi aspetto per il prossimo appuntamento in cui approfondiremo ancora il tema del presepe e racconteremo anche la storia del pastore Benino tanto caro alla cultura napoletana.

 

Giovannina

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